impara, si può imparare: si impara anche dalla storia di alcuni medici. La medicina è figlia di esperienza, è una arte che oggi si impone con il primato della scienza, ma si basa su fatti empirici, innanzi tutto.
Era il 1938, il nazismo era ormai al potere, l’Austria era stata annessa alla Germania, e neanche dopo qualche settimana incominciavano le persecuzioni agli ebrei… ma non tutti. Ci fu un medico, di origine ebrea, che scrisse direttamente a Hitler chiedendogli protezione, e lo stesso dittatore ordinò a Martin Bohrmann, uno dei suoi adepti, di nasconderlo. Il medico graziato si chiamava Eduard Bloch: non subì nessun maltrattamento, rimase nella sua casa fino al disbrigo delle formalità per la sua emigrazione, riuscì ad ottenere un passaporto che gli consentì di emigrare negli Stati Uniti con la moglie.
Quale valore aveva questo medico, che lo rendeva diverso da altri? Bloch era il medico che aveva curato Klara Pölzl, la madre di Hitler, per un cancro al seno. La donna morì comunque (allora non erano note tutte le conoscenze di cui la medicina gode oggi nel trattamento della malattia) nel 1907, ma le grandi sofferenze a cui fu sottoposta furono lenite dalla abnegazione e dalla professionalità del dottor Bloch, che le somministrava quotidianamente farmaci e la accudiva, senza alcun compenso (le condizioni della famiglia di Hitler erano altamente disagiate).
Il dottor Bloch, dunque, rispetto ai suoi simili, fu salvato, perché non si faceva pagare: di lui in alcuni discorsi lo stesso Hitler parlò pubblicamente come di un “Edeljude” (ebreo nobile).
Una interessante analisi di uno storico, Rudolph Binion, coadiuvato da ricerche psicoanalitiche, ritiene che questo rapporto sia stato un fattore inconscio determinante all’antisemitismo di Hitler che successivamente istigò l’Olocausto. Su questo punto, non mi sento di concordare, tuttavia mi preme sottolineare un fatto, storicamente certo ed accaduto. Adolf Hitler, in età infantile, mostrava segni di squilibrio mentale, e per analizzare la situazione, l’allora stimato medico di famiglia, Eduard Bloch, consultò un dottore viennese, Sigmund Freud; nel 1895 il fondatore della psicoanalisi suggerì di far ricoverare il piccolo Adolf in un centro di salute mentale per bambini… Purtroppo, i suoi consigli non vennero considerati, ed il dottor Bloch, impietosito dalla situazione familiare nel suo complesso, non insistette nell’internamento del bambino.
Penso che a chiunque sia capitato di guardare un documentario sul nazismo; già dal modo di presentarsi e dal parlare chiunque ha pensato, almeno una volta, che Hitler soffriva di qualche problema mentale! Lo stesso servizio dell’Intelligence britannica, nel 1942, studiò un discorso che Hitler aveva pronunciato, in cui si potevano notare chiari indizi di isteria, epilessia e persino paranoia. Sapendo questa storia, viene un dubbio: e se il dottor Bloch, valido e bravo medico, avesse magari insistito con i genitori di Hitler nel farlo internare giovanissimo, se non avesse commesso questa superficialità, o questa negligenza (punti di vista)? … Chissà quale sarebbe stata la storia, e quanti uomini si sarebbero salvati, invece del solo dottor Bloch … Un errore medico terapeutico è possibile, siamo umani, ma quello del dottor Bloch fu enorme, e fu anche premiato con la vita.