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Questo articolo nasce dalla esigenza di dare una risposta, magari non completa, ma il più possibile ampia, ai tanti pazienti (e non solo i miei) che magari hanno avuto degli infortuni (sportivi o meno) in cui sono stati coinvolti con lesione, anche parziale, tendini o legamenti. Spesso questi pazienti, al termine del percorso terapeutico, non recuperano completamente, o quanto meno lamentano episodi di dolore e limitazione funzionale, magari anche lontano da qualsiasi sollecitazione, che li condiziona particolarmente.
Perché avvengono questi episodi?
Paranoia o realtà? La risposta è da cercarsi nella fisiologia e nella anatomia, materie dure per gli studenti di medicina, ma la base per capire poi la patologia. Legamenti e tendini di qualsiasi parte del nostro corpo sono da assimilarsi grossolanamente a dei cordoni, un po’ come le funi di attracco di una nave, costituiti da una struttura gerarchica di collagene altamente allineato composto da fibrille, fascicoli, e fibre e il tessuto stesso per formare delle strutture molto robuste.
Lesioni da trauma, da sovraccarico funzionale, da “overuse”, da veloci accelerazioni e decelerazioni, con cambi di direzione repentini possono influenzare l’equilibrio dell’articolazione compromettendone la funzionalità anche in modo permanente.
Come sono fatti tendini e legamenti?
La quota di fibre più interessata, in questi traumi, è quella delle fibre elastiche, formate da microfibrille di elastina e di fibrillina organizzate in una disposizione ordinata e non casuale. La caratteristica principale di queste fibre è l’elevata elasticità (da qui il nome), essendo capaci di sopportare torsioni e tensioni anche notevoli, deformandosi passivamente per poi ritornare allo stato di distensione originario: un po’ come un elastico robusto!
Queste fibre elastiche possono anche fondersi tra di loro formando lamine o membrane elastiche ove sia richiesta una maggiore deformabilità (si pensi ai vasi sanguigni: una membrana che li costituisce, la tonaca media, presenta fibre elastiche).
L’elastina, come il collagene, è una proteina composta prevalentemente da due tipi di segmenti di aminoacidi corti che formano legami incrociati fra molecole adiacenti, mediante un meccanismo simile a quello che produce i legami incrociati nelle molecole di collagene, essendo avvolte da uno strato di microfibrille, con un diametro ciascuno di circa 10 nm, composte da un gran numero di glicoproteine diverse, che includono la fibrillina (alterazioni del gene che codifica per la fibrillina provoca la sindrome di Marfan, una malattia genetica).
Perchè non si recupera mai pienamente dopo un trauma?
Le microfibrille giocano un ruolo fondamentale nell’assemblaggio delle fibre elastiche. Un elemento che spiega poi le difficoltà di un recupero da infortuni in cui sono coinvolti tendini o legamenti è rappresentato dal turnover dell’elastina, fisiologicamente estremamente basso, la cui emi-vita praticamente si avvicina all’età dell’organismo. L’elastina infatti è un “tessuto” sintetizzato prevalentemente nello sviluppo e qualsiasi tipo di elastina che venga danneggiata o usurata non viene sostituita con il tempo da altra elastina, anzi, da fibre non funzionali di tessuto collagene.
Raffrontando tessuto collagene ed elastina appare evidente che mentre l’elastina presenta grande estensibilità anche per elevate deformazioni, il tessuto ialino che lo sostituisce spesso ha una buona funzionalità elastica a temperature più alte, ma a riposo e a freddo, la capacità elastica è nettamente ridotta. Le fibre di elastina possiedono dunque un comportamento elastico non riproducibile dal tessuto che ad esso si sostituisce dopo un trauma. Ne consegue che il recupero funzionale c’è, dopo un trauma, ma non è mai al 100% e con una capacità visco-elastica ridotta.
Tutto ciò significa che in atleti, operai, pazienti che subiscano per usura o traumi lesioni di tendini o legamenti, il recupero completo e la cosiddetta restituitio ad integrum è molto difficile, pressoché impossibile dopo i 40 anni di età: lo dice la fisiologia, non Francesco Pomara.
Da qui la spiegazione per tante persone che, pur avendo recuperato un trauma ad una spalla, ad una caviglia, ad un gomito, pur non avendo la limitazione funzionale al momento del trauma, non si sentano più quella articolazione come prima.
Chiaramente la sintomatologia e le sensazioni variano da persona a persona, in base anche ai traumi subiti ed al decorso terapeutico seguito.